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Welfare all'italiana

di Domenico Coppola - 31/03/2007

Fonte: noeuro

Spesso sindacalisti e politici nostrani, sia di destra che di sinistra, amano sciacquarsi la bocca con le politiche sociali e gli aiuti alle famiglie. All'estero quando una persona o una famiglia si trova in determinate condizioni (un certo numero di figli, handicap, malattia, ecc.) generalmente può usufruire gratuitamente delle strutture apposite scegliendo quella che preferisce.
In Italia no.
Con la scusa che non sarebbe giusto che ricchi e poveri avessero le stesse opportunità, esistono una serie di provvedimenti, nazionali, regionali, o locali a macchia di leopardo, slegati o sovrapposti tra di loro, spesso sconosciuti e dalle procedure complicate.
Gli astanti, qualora siano venuti miracolosamente a sapere dell'esistenza di questo o quell'intervento sociale, che forse potrebbe riguardarli, devono sorbirsi ore di coda presso l'apposito ufficio, leggere e compilare moduli incomprensibili, fornire documenti ed autocertificazioni dove giura e spergiura di avere davvero diritto all'aiuto elargito, facendo un elenco completo delle sue disgrazie. Non di rado deve sottoporsi a visite ed accertamenti umilianti ed invadenti da parte dei feroci giannizzeri di Stato. Il tutto rispettando scadenze ferree, perché spesso sono delibere annuali, occasionali o una tantum.
Fatto ciò accede ad una graduatoria dove scopre che se non è un tossicodipendente, ex-carcerato, senza fissa dimora e a reddito zero, probabilmente non farà parte dell'elite di beneficiati. Se per qualche strano caso ne facesse parte, gli resterà sempre il dubbio di averne diritto. Infatti in genere bisogna indicare il reddito reale, inclusi i cavalli da corsa ma dedotti i sottomarini, che non deve superare un certo precisissimo importo, con tre cifre dopo la virgola, diviso il numero dei componenti del nucleo, moltiplicato per un certo coefficiente, da cui sottrarre gli anni di tutti i cugini di primo e secondo grado, meno quelli che si chiamano Giuseppe.
Se uno si sbaglia, oltre a restituire il maltolto più una salatissima multa, sarà additato al pubblico ludibrio come "furbetto".
Alla fine del calvario scoprirà, dopo molto molto tempo, che l'aiuto fornito in genere è il supporto di una qualche cooperativa, legata all'ente erogante, non di rado di volontariato, per cui ci si ritrova un figuro, non sempre adeguatamente preparato, magari ex tossicodipendente, in giro per casa due o tre volte alla settimana ad "aiutare".
Costa meno questo genere di assistenza sociale? Assolutamente no. Semplicemente i soldi se ne vanno per mantenere in piedi la struttura burocratica. Ma il sistema consente di  distribuire gli aiuti come fossero favori agli amici degli amici. Senza contare che il politico di turno, assessore o ministro che sia, potrà annunciare, sdegnato, a chi protesta, che sono stati stanziati tot milioni di euro in aiuto ai bisognosi. Se questi sono imbecilli e non ne sanno approfittare mica è colpa sua!