Sparta (recensione)
di Edmond Lévy - 31/03/2007
Edmond Lévy
SPARTA
336 pp. Argo editrice, euro 15
Grande è il fascino della storia di Sparta.
Quel fascino derivante dall’essere
l’altro polo della grecità. Il modello alternativo.
L’altra faccia della medaglia, quella
di una delle due grandi poleis che egemonizzarono
il palcoscenico ellenico, ma
che conservò sempre il ruolo di comprimaria,
mentre il primo nome in cartellone
rimase sempre, anche nel momento
della sconfitta, quello di Atene.
Ma è proprio questo rimanere sempre
un passo indietro alla grande antagonista
ad attirare l’attenzione su Sparta. Basti
pensare alle guerre persiane. Il ruolo
militare decisivo fu interpretato dal
capoluogo dell’Attica. Ma l’episodio più
scultoreo è quello delle Termopili. I trecento
spartani che, agli ordini di Leonida,
sostengono a piè fermo l’urto dell’armata
di Serse. Fino a morire tutti, ciascuno
inchiodato al proprio posto di
combattimento. Questo è il beau geste,
questo è il frammento di guerra che evoca
commozione, l’epopea dell’“erano
giovani e forti e sono morti”. Questo è in
definitiva il fascino di Sparta.
Del capoluogo della Laconia si sa però
pochino. Colpa forse della non troppa
prolificità letteraria dei suoi abitanti. Così
gran parte delle fonti che fanno fioca
luce sul mondo spartano sono di conio
ateniese. A volte antipatizzanti, in virtù
dell’irriducibile rivalità tra le due città e
della fierezza di molti partigiani di Atene
per quella democrazia che a Sparta proprio
non aveva corso. Ma, spesso, invece i
testi storici, filosofici e letterari prodotti
in Attica riflettono quella diffusa ammirazione
per la rivale, nota come “filolaconismo”
(uno dei campioni di questa
tendenza è Senofonte). Un sentimento
che contagiò larga parte delle élites ateniesi,
che guardavano con disprezzo alle
derive demagogiche della propria città e
accarezzavano sogni conservatori. Edmond
Lévy cerca di fare chiarezza. E di
mettere in fila le notizie che possediamo
su Sparta. Missione riuscita, se non fosse
per qualche tracimare di erudizione che
rischia di appesantire qua e là un volume
per il resto limpido.
La parte più difficile del lavoro sta nello
scegliere fior da fiore tra le fonti attendibili
e quelle che sono invece inquinate
dal mito spartano, sia esso inteso in senso
positivo (Sparta come porto di ogni virtù)
o in senso negativo (Sparta come capitale
dell’oppressione). Il criterio migliore è, al
solito, quello del giusto mezzo. E’, infatti
“eccessivo – spiega Lévy – ricondurre ogni
cosa al ‘miraggio spartano’ che supporre
tutti gli Spartani conformi all’immagine
che volevano offrire di se stessi”.