Periferie: Occidente malato
di Régis Debray - 28/11/2005
Fonte: avvenire.it
il filosofo francese Régis Debray interviene sulle rivolte:
«Una società senza utopie e progetti,ove l’assenza di sacro provoca devastazioni inaudite»
«Con le banlieues vanno in crisi i nostri valori civili, così come un consumismo senza sponde che distrugge l'uomo»
di Daniele Zappalà
C'è un deserto spirituale dietro le violenze che hanno incendiato le periferie francesi e minacciato di propagarsi altrove in Europa? Nella fiumana di interpretazioni sociologiche, analogismi storici, disamine economiche e urbanistiche delle ultime settimane, pochi intellettuali avevano evocato finora, a proposito degli scontri, la dimensione del sacro. Soprattutto nella laicissima Francia, dove i commentatori hanno invitato anzi a non staccare gli ormeggi dalle variabili "materiali" e "visibili" in campo: povertà, segregazione territoriale, abbandono scolastico delle banlieue e così via. Particolarmente osteggiate, in particolare, le rare letture nella scia dello "scontro fra civiltà", giudicate inadatte a spiegare quanto è accaduto soprattutto su scala locale.
Il sacro ai margini di ogni pista di comprensione, dunque. Un punto di vista, in un certo senso, adottato anche dal noto filosofo e massmediologo Régis Debray. Ma per quest'intellettuale dal percorso atipico - attualmente, a Parigi, presidente onorario dell'Istituto europeo in Scienze delle religioni dopo decenni di militanza marxista -, sarebbe proprio l'assenza del sacro o di una qualsiasi forma di "sacralità" la causa e a un tempo la spia più allarmante delle violenze.
In un intervento apparso su Le Monde, il filosofo si è interrogato sul deserto valoriale e più profondamente spirituale che si constata oggi in tante banlieue: «Non affiliati a nulla, tranne che alle merci, apparentemente più preoccupati dai segni della ricchezza su di sé che dalla sua distribuzione a tutti, i bambini streetwear del rap e dello zapping hanno per riferimenti delle marche di giubbotti e di scarpe. Dannati della terra o abbandonati del capitalismo?»..
Dietro i roghi, secondo Debray, non si è vista l'ombra di rivendicazioni d'identità, di ideali di qualche tipo o di ideologie: «Dov'è la Terra promessa? L'isola utopica? Il progetto? I valori? Questo prosciugamento mitologico raccorda quest'episodio francese al dramma cul turale europeo».
Chi ha distrutto, per Debray, l'ha fatto senza un movente legato a una rappresentazione della società, della vita e del mondo. L'ha fatto senza innalzare nelle banlieue alcuna bandiera: «Il 2005 ha visto scomparire dalla vecchia "zona" la bandiera rossa, ma a maggior ragione quella tricolore». Le vecchie «religioni civili» della Francia laicista rappresentate dal «progressismo messianico del movimento operaio» e dal «culto repubblicano» non abitano più nelle banlieue, come non si osserverebbero altri riferimenti al sacro: «Il fuoco sacro è temibile. L'assenza di sacralità, devastatrice. Oggi, e dappertutto in Europa, è la vera questione che ci interroga».
Il filosofo invita a rileggere un tardo testo di Freud del 1929, Das Unbehagen in der Kultur (Il disagio della civiltà), «quest'opera profetica» a suo dire. E spiega: «La ricerca sfrenata da parte degli individui, dalla più giovane età, del piacere massimo non può che sfociare su un generale abbrutimento del vivere insieme. E questo fosco pronostico datava prima dell'onnipresente pubblicità che invita su tutti i marciapiedi e schermi alla soddisfazione senza indugio del minimo desiderio».
Per Debray, quanto accaduto nelle periferie francesi è dunque anche il sintomo di un male che avvolge più largamente le nostre società e che mina il futuro dell'Europa: «Alimentata da un consumismo senza sponde e dallo scompaginamento politico e la disaffezione nazionale (aggravata, da noi, dalla fine criminogena del servizio militare obbligatorio), la depressione del credere renderà sempre più dolorosa la vita in società. Poiché un supermercato non è mai bastato a fare una comunità. L'apoteosi della merce sullo sfondo della crisi economica ha posto sotto i nostri piedi, dappertutto, una bomba a frammentazione».
L'intervento di Debray potrà apparire a tratti catastrofista e anche molto riduzionista, soprattutto per via dell'accostamento continuo del "sacro" col caleidoscopio dei valori civili e politic i. Ma mostra la comparsa in Francia, ormai anche presso l'intellighenzia laica, di preoccupazioni d'ordine spirituale e antropologico oltre gli strati su strati di congetture razionaliste. Che non sia anche questo, in qualche modo, un segno dei tempi?