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Decrescita: utopia o pensiero laterale?

di Gianluigi Salvador - 31/03/2007

 

 

Si dovrebbe poter comprendere che le cose sono senza speranza, ed essere tuttavia decisi a cambiarle (J.Scott Fitzgerald)

Il consumo di “simboli” anziché di beni, consumo che ha veicolato la rapida diffusione degli standard occidentali  attraverso l’informatica (informazione + telecomunicazione) e la logistica (tecnologia ed energia fossile a basso prezzo), ha permesso di accrescere in questi ultimi cinquanta anni un modello di dissipazione termodinamica insopportabile in rapporto alla capacità di generare energia vitale (cibo e combustibili). Ora l’inerzia e la diffusione a livello globale di questo modello di consumo sta già mettendo in competizione produzione di combustibili e produzione di cibo attraverso la conversione della produzione agricola. Già i Meadows nel 1992 in “Oltre i limiti dello sviluppo” , attraverso i diagrammi di flusso dei consumi di materie prime, dell’inquinamento, della crescita della popolazione e del capitale avevano previsto che agli attuali dissennati livelli di consumo il sistema chiuso della terra sarebbe andato verso un sicuro collasso.

Il modello di crescita illimitata è messo in crisi dalle risorse primarie limitate (basta vedere gli aumenti irreversibili dei costi dei minerali) ed in contemporanea dal prossimo esaurimento delle fonti fossili, due entità sulle quali è stata capillarmente costruita la nostra “civiltà” occidentale. Ora si aggiunge la nuova entrata in scena di paesi “emergenti” come Cina, India, Medio Oriente e paesi latino-americani, ciascuno con le proprie fortissime capacità competitive nei confronti dei fattori di produzione: mano d’opera, capitali, energia, know how.

“La Cina paga il petrolio a qualsiasi prezzo” era il titolo del S24O di qualche mese fa.

Si sta delineando una situazione più pericolosa della già vecchia crisi del ’29 perché alle caratteristiche analoghe di allora: indebitamenti privati e pubblici, speculazioni finanziarie, sovrapproduzione, etc si sommano ora la crisi dei combustibili fossili e l’entrata in competizione dei paesi emergenti, irretiti dal rapido e “facile” modello di consumo occidentale.

L’impronta ecologica mondiale è attualmente è di 1.4 pianeti terra necessari, al 2050 sarà di 2 pianeti terra necessari.

 “Non siamo sicuri di come sia andata l’economia, di come stia andando, né di come andrà”  sostiene Donald Kohn, V.P. della Federal Riserve, citato in un articolo del S24O del 31.12.06. Sempre nello stesso articolo Morgan Roach direttore della Morgan Stanley dice: siamo in  “Crescita recessiva”, cioè con riduzione dell’occupazione, mentre il redattore dell’articolo Alessandro Merli replica: “C’è una grande divisione fra i centri di previsioni ufficiali, indipendenti o di mercato per quanto riguarda l’atterraggio soft o hard dell’economia USA e le ripercussioni che questo avrà sull’economia globale.”

In conclusione anche i “maitre a penser” dell’economia classica definiscono ingestibile o meglio fuori controllo, l’attuale complessità economica.


IN ITALIA

Grande è la confusione nel sistema politico e sociale italiano, ma per chi aspira al cambiamento questa è la migliore delle condizioni, purché egli si distingua.
(anonimo – da Notizie Verdi 1994)

I segnali contraddittori di cui sopra si riflettono naturalmente sulla nostra politica nazionale, incapace di scelte di indirizzo che forniscano modifiche strutturali nella politica economica, modifiche consone alla gravità della crisi che sta diventando irreversibile.

Oramai il ceto politico è incapace di “polarizzare” i cittadini con scelte innovative che propongano coerenza di strategie per evitare il rischio di collasso che, se improvviso, sarà veramente durissimo per tutti. Questa incapacità di polarizzazione è stata dimostrata dai risultati elettorali, che come accade ormai nei paesi “a democrazia matura”, tendono a distribuire i voti equamente fra “destra” e “sinistra”, fra “progressisti” e “conservatori”.  Tutti vanno a votare “turandosi il naso” e una sorta di scelta casuale per la legge dei grandi numeri finisce col distribuire i voti in modo piatto, intorno al 50% di probabilità, come se si giocasse a testa o croce migliaia di volte con una moneta.

 

Nei cittadini oramai è diffusa una rassegnazione omogenea, una sorta di  incapacità di comprendere e gestire questa complessità ambientale, economica e sociale, complessità che cresce rapida, incalzante  e confusa, con molte verità nascoste (diventate col tempo dei veri e propri tabù) da parte degli organi delegati al governo ed all’informazione.

In questo clima di incertezza, quando si parla con i cittadini, si avvertono sempre gli stessi leitmotiv:

- scarsissima fiducia nella politica, cioè nei gestori della politica (i quali vengono definiti tutti uguali entro le loro nicchie autoreferenziali ed entro il muro di gomma che si sono autocostruiti)

- scarsa fiducia nelle prospettive future (incapacità di analizzare e disaggregare le cause profonde dei cambiamenti per fare delle scelte di lungo periodo)

- riduzione della fiducia verso le istituzioni  pubbliche ed i beni collettivi come strumenti di supporto efficace per una eventuale crisi (con conseguente crescita dell’autoreferenzialità entro la famiglia e le “amicizie” ritenute indispensabili per sopravvivere).

Visto che in un sistema economico-politico complesso la mancanza di trasparenza e sincerità nelle relazioni fra entità porta al rachitismo ed alla disintegrazione del sistema stesso, si impone che l’informazione non venga deliberatamente distorta o ritardata o sequestrata, come ripetono più volte i Meadows nel libro già citato.

Io penso che per vincere il muro di diffidenza e di rassegnazione che si è creato in Italia  si debbano fare proposte che creino un legame credibile fra teoria della proposta e pratica della realizzazione. Condizione sine qua non la coerenza degli attori, che debbono abbandonare la prassi corrente della doppia morale “fai quello che dico e non fare quello che faccio” e l’interesse autoreferenziale di breve periodo. Per questo sono incapaci di effettuare delle serie azioni di prevenzione primaria per esempio verso l’inquinamento dell’aria (la pianura padana è uno dei luoghi più inquinati del mondo), dell’acqua e del territorio.

Occorrono strumenti e proposte top-down e bottom-up contemporanee per rompere in due direzioni il muro di gomma che le istituzioni e le lobby che proteggono gli interessi troppo particolari si sono costruiti in questi 50 anni di democrazia bloccata ed incompiuta. Occorre passare dal “government”  alla “governance” (government + alliance), ristrutturando la politica, ma soprattutto la figura del politico che deve governare con passione, competenza ma soprattutto lungimiranza, perché il futuro è l’unica opzione temporale che possiamo e dobbiamo governare.

Facciamo, quindi, delle proposte per una de-strutturazione economica che leghi l’uomo alla società  e all’ambiente per un futuro sostenibile secondo il principio europeo di integrazione: “La protezione ambientale non va considerata come una politica settoriale, ma come un denominatore comune per tutte le politiche.”

Queste proposte non possono che essere  “biocentriche”. Solo così si può riportare la cultura corrente all’inderogabile tutela dei beni comuni e collettivi, ed alla pratica della sobrietà e solidarietà entro i valori unici della salute e della biodiversità dell’uomo e dell’ambiente, salute e biodiversità uniche condizioni essenziali di sopravvivenza.

 
COME OPERARE?

“Le ricchezze più preziose sono i metodi” - (Frederich Nietzsche)

Sarebbe opportuno darsi un metodo che parta dai MOTIVI (perché ci riuniamo, con quale visione e con quali scopi), dai VALORI (condizioni essenziali di esistenza per cui vale la pena di confrontarsi e di consumare energie intellettuali, tempo e risorse), dai PRINCIPI (grandi linee di condotta e di organizzazione umana, strumenti di orientamento per attuare i valori) ed infine dalle STRATEGIE ( abilità di gestione delle risorse nel lungo-medio periodo per raggiungere lo scopo voluto).

 
QUALCHE SPUNTO PRATICO PER LA DISCUSSIONE

1- Le EMERGENZE nascoste

Ci sono tanti temi che interessano in profondità la gestione della società, temi che non vengono mai trattati dai "politici" e dalle lobby perché possono creare loro dei problemi o perché la complessità della gestione non è alla loro portata. Con l’entrata in campo dell’ambiente (con i limiti delle sue risorse) come terza variabile di sistema (le altre due sono l’uomo e la società) e la globalizzazione dei problemi, la soluzione dei problemi stessi è diventata vieppiù complessa. I politici la rimandano di legislatura in legislatura, sperando che le emergenze non affiorino pesantemente durante il loro mandato. Purtroppo la leggi della termodinamica e della natura non perdonano.

Temi come la ridefinizione della figura di politico, del professionismo e dei privilegi della politica, della crisi petrolifera irreversibile, della laicità costituzionale, della governance, del risparmio  energetico, della decrescita obbligata, dell’agricoltura biologica, degli OGM, delle nuove malattie, dell’estinzione delle specie, etc non sono mai trattate.

Domanda: quali sono le emergenze nascoste, e come si può metterle in agenda come mille altri temi correnti istituzionali, dando loro la priorità e la trasparenza che si meritano?

 
2 –  STRATEGIE vincolanti

Quali sono le strategie vincolanti necessarie per il controllo della destrutturazione necessaria per la decrescita, una decrescita che si spera felice?

Alcuni  paesi (es UK, Francia, Venez., Arg.,etc) che hanno rincorso le privatizzazioni a tutto campo stanno facendo marcia indietro, perché hanno capito che la complessità della società "moderna" ha bisogno che alcune funzioni vitali, diffuse, siano gestite  attraverso lo Stato nell'interesse collettivo, soprattutto nei momenti di crisi economica e sociale. Anche in Italia, con la situazione di crisi incalzante, si mostrano alcune falle nelle privatizzazioni a partire dalla Banca d'Italia, dalle ferrovie, strade, edilizia pubblica, etc, mentre altre funzioni ancora in mano allo Stato possono essere tranquillamente smantellate e messe in competizione sul mercato.

Domande: quali sono i settori o le funzioni vitali da non privatizzare o da riacquisire? Su quali funzioni essenziali lo Stato deve investire tutte le sue energie migliori? In quali settori (agricoltura, industria o servizi) si deve investire pesantemente in innovazione, ricerca e sviluppo?   


3 – I MEZZI  per indagare e conoscere

Oltre alle discussioni ed ai  seminari fra addetti, o via forum internet, perchè non utilizzare per esempio il blog di Grillo o qualche rivista come “Carta” per fare questionari sui valori e principi sentiti e prioritari, sulle emergenze nascoste e sulle strategie vincolanti?