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Se in Italia ci fosse il "diritto talebano"

di Massimo Fini - 02/04/2007

DIFENDENDO i Talebani
io difendo un principio più
ampio che è il diritto
all’autodeterminazione dei popoli
solennemente sancito a Helsinki nel
1975 e sottoscritto da più di 150
Stati. Difendo i Talebani, cioè gli
afgani, come difendo la lotta del
popolo ceceno contro i macellai russi,
lotta quasi dimenticata, se non dai
radicali, perché quando c’è di mezzo
un potentissimo come «l’amico
Putin» si ignorano principi e
genocidi. Difendo i Talebani, cioè gli
afgani, come ho sempre difeso i
curdi, un popolo che più di ogni altro
ha diritto all’indipendenza, abitando
da millenni una regione che si
chiama Kurdistan, e che invece è
lasciato all’arbitrio di cinque Stati
(Turchia, Iraq, Iran, Siria,
Azerbaigian) nell’indifferenza
generale perché i curdi non hanno
santi in Paradiso, non essendo né
cristiani, né ebrei, né arabi.
Eppoi sì, lo confesso, ho una certa
attrazione per la primitiva semplicità
del diritto talebano dove gli
stupratori vengono impiccati e ai
ladri viene tagliata la mano destra.
Anche se mi rendo conto che non è
applicabile da noi. Se non altro
perché avremmo un Parlamento di
moncherini.