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La classe dirigente globale: come diventare miliardari

di James Petras - 02/04/2007

 
 
   

“Dietro ogni grande fortuna, si nasconde un grande crimine”
H. de Balzac

Le insurrezioni da parte della grande massa sono ormai diventate una consuetudine in Cina e in India, in concomitanza con l’aumento del numero dei miliardari del pianeta che, dal 2006 ad oggi, è passato da 793 a 946. In India, dove si trova il maggior numero di miliardari di tutta l’Asia, per un patrimonio totale stimato intorno ai 191 miliardi di dollari, il Primo Ministro Singh ha dichiarato che l’unica grande minaccia per la sicurezza dell’India è rappresentata dall’esercito dei guerriglieri guidati dai maoisti e dai movimenti di massa nelle zone più povere del paese. In Cina, con i suoi 20 miliardari con un reddito netto di 29,4 miliardi di dollari, la nuova classe dirigente ha aumentato di cento volte il numero della milizia armata speciale anti-sommossa per far fronte a quasi centomila tra rivolte e proteste rese note, e ha incrementato di 10 miliardi la spesa a favore delle classi povere rurali, nella speranza di ridurre le mostruose ineguaglianze di classe ed impedire una sollevazione generale.

Il patrimonio complessivo di questa classe dirigente globale è aumentato di anno in anno del 35%, arrivando a raggiungere i 3500 miliardi di dollari, mentre i livelli di reddito del più povero 55% della popolazione mondiale, data da 6 miliardi di persone, sono scesi o rimasti invariati. Per dirla in altro modo, un individuo su 100 milioni della popolazione mondiale guadagna più di 3 miliardi di persone. Oltre metà degli attuali miliardari (523) proviene da 3 paesi: Stati Uniti (415), Germania (55) e Russia (53). L’aumento del 35% del loro patrimonio è stato soprattutto determinato da speculazioni sul mercato azionario, sui beni immobili e sulla vendita di materie prime, piuttosto che da innovazioni tecniche, investimenti in aziende in grado di produrre lavoro o servizi sociali.

Nel gruppo dei nuovi e giovani miliardari arricchitisi velocemente, l’oligarchia russa occupa una posizione di spicco a causa dei suoi esordi tra i più rapaci. Oltre 2/3 ( il 67 per cento) degli odierni oligarchi miliardari russi ha iniziato ad accumulare ricchezze intorno ai venticinque anni. Durante l’infame decennio degli anni ‘90, sotto il governo quasi dittatoriale di Boris Yeltsin e dei suoi consiglieri per un’economia filoamericana Anatoly Chubais e Yegor Gaidar, l’intera economia russa venne svenduta ad un prezzo politico ben inferiore al suo reale valore. Senza eccezione alcuna, i trasferimenti di proprietà vennero realizzati attraverso assassinii compiuti con tattiche da gangster, furti colossali, confisca di risorse statali, illecite manipolazioni del mercato azionario e acquisizioni. I futuri miliardari hanno depredato la Russia per beni del valore di oltre 3000 miliardi di dollari tra aziende, trasporti, petrolio, gas, ferro, carbone, e altre risorse che prima appartenevano allo stato.

Contrariamente agli esperti di diritto pubblico europei e statunitensi sia di destra che di sinistra, ben pochi leader dell’ex classe dirigente comunista appartengono all’odierna oligarchia dei miliardari russi. In secondo luogo, contrariamente alle affermazioni di “inefficienza comunista” fatte dai creatori di propaganda, l’ex unione Sovietica aveva sviluppato miniere, industrie e aveva reso remunerative e competitive le aziende energetiche prima che venissero rilevate dai nuovi oligarchi. Questo risulta ben chiaro dalle enormi ricchezze private accumulate in meno di un decennio da questi uomini d’affari criminali.

Virtualmente l’origine prima delle ricchezze di tutti i miliardari non ha nulla a che vedere con la costruzione, l’innovazione o lo sviluppo di nuove ed efficienti imprese. Le ricchezze non sono state cedute agli alti commissari del Partito Comunista (trasferimenti laterali), bensì confiscate dalle organizzazioni mafiose private guidate da neolaureati che velocemente le hanno utilizzate per corrompere, intimidire o assassinare vecchi dirigenti di stato e trarre così beneficio dagli irragionevoli consulenti del “libero mercato” occidentale del governo Yeltsin.

La rivista Forbes pubblica ogni anno la lista degli uomini e delle famiglie più ricche al mondo. Ciò che più diverte delle note biografiche introduttive della famosa rivista americana riguardo i dirigenti russi è il continuo riferimento al fatto che la loro ricchezza se la sono creata da sé, come se rubare le proprietà dello stato, create e difese per oltre 70 anni con il sangue e il sudore del popolo russo rappresentasse il risultato delle abilità imprenditoriali di gangster poco più che ventenni. I primi otto dirigenti miliardari russi hanno tutti iniziato usando le maniere forti con i loro rivali, fondando “paper banks” [banche non operative, ndt] e rilevando alluminio, petrolio, gas, nickel, la produzione dell’acciaio e l’esportazione della bauxite, del ferro e di altri minerali. Ogni settore della vecchia economia comunista è stato saccheggiato dai nuovi miliardari: il settore delle costruzioni, delle comunicazioni, quello chimico, i beni di stato, le risorse agricole, la vodka, i beni alimentari, i terreni, i media, le automobili, le compagnie aeree ecc…

Con qualche rara eccezione, in seguito alle privatizzazioni del governo Yeltsin, tutti gli oligarchi ascesero rapidamente in vetta o quasi alla classifica degli uomini più ricchi del pianeta, uccidendo nel vero senso della parola o intimorendo ogni oppositore all’interno dell’ex apparato sovietico e ogni concorrente delle gang predatrici rivali.

Le misure politiche chiave che hanno facilitato l’iniziale saccheggio e i rilevamenti da parte dei futuri miliardari, sono state le vaste ed immediate privatizzazioni di quasi tutte le imprese pubbliche volute dal gruppo Gaidar/Chubais.

Questo “elettroshock” venne incoraggiato da un gruppo di consiglieri di economia di Harvard e in particolar modo dal Presidente statunitense Clinton, così da rendere irreversibile la trasformazione capitalista. La privatizzazione portò alle lotte tra le gang capitaliste e alla disarticolazione dell’economia russa. A conseguenza di ciò ci fu un abbassamento del tenore di vita dell’80%, la svalutazione del rublo e la svendita di inestimabili giacimenti di petrolio, gas e altre risorse strategiche a prezzi vantaggiosi a favore della nascente classe di predatori miliardari e di corporazioni multinazionali del petrolio e del gas europee e statunitensi. Oltre 100 miliardi di dollari all’anno vennero riciclati dai capi mafiosi nelle principali banche di New York, Londra, Svizzera, Israele e altrove, fondi che sarebbero poi stati riciclati nell’acquisto di beni immobili negli Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Francia e anche come investimenti in squadre di calcio britanniche, banche israeliane e società minerarie a capitale misto.

Durante il governo Yeltsin, i vincitori di queste lotte tra gang rivali, portarono avanti ed estesero questo loro modo di operare a diversi nuovi settori dell’economia e agli investimenti, non solo per sviluppare risorse già esistenti nello stato (come beni immobili, industrie estrattive e beni di consumo) ma anche all’estero. Sotto la presidenza Putin, gli oligarchi-mafiosi consolidarono il loro potere divenendo via via multimilionari, miliardari, multimiliardari e più. Da giovani delinquenti spavaldi e truffatori locali divennero rispettabili partner d’affari di aziende multi-nazionali americane ed europee, secondo quanto riportato dai loro portavoce occidentali. Secondo la stampa finanziaria, i nuovi oligarchi russi avevano ormai fatto il loro debutto sulla scena economica mondiale.

Tuttavia, come ha recentemente fatto notare Putin, questi nuovi miliardari non sono riusciti ad investire o rinnovare e creare aziende competitive, nonostante le favorevoli condizioni di partenza. Fatta eccezione per l’esportazione di materie prime, beneficiata dall’aumento dei prezzi sul mercato internazionale, ben poco di quanto da loro stessi prodotto ha conquistato il mercato straniero, perché incapace di reggere la competizione che regna sul mercato stesso. Questo perché gli oligarchi hanno investito in settori diversi: speculazioni finanziarie (Suleiman Kerimov 14,4 miliardi di dollari, Mikhail Prokhorov 13,5), operazioni bancarie (Fridman 12,6 miliardi di dollari) e acquisizioni di miniere e stabilimenti per la lavorazione dei minerali.

I media occidentali hanno focalizzato la loro attenzione sulla rottura creatasi tra un piccolo gruppo di oligarchi dell’era Yeltsin e il presidente Putin e l’arricchimento di alcuni miliardari dell’era Putin. Tuttavia, le testimonianze biografiche dimostrano che non esiste alcuna frattura tra l’ascesa dei miliardari durante il governo Yeltsin e il loro consolidamento o espansione con Putin. La riduzione del numero degli assassinii reciproci e lo slittamento verso un tipo di competizione regolata sono una diretta conseguenza dell’ormai raggiunto consolidamento delle loro fortune e delle nuove regole del gioco imposte dal presidente Putin. Intorno alla metà del XIX secolo, Honoré de Balzac, esaminando l’ascesa della rispettabile borghesia in Francia, ne metteva in luce le dubbie origini: “Dietro ogni grande fortuna, si nasconde un grande crimine”. I truffatori che hanno dato avvio all’ascesa, lunga decenni, della borghesia in Francia nel XIX secolo, impallidirebbero di fronte all’imponente saccheggio e carneficina che hanno portato alla nascita dei miliardari russi del XXI secolo.

AMERICA LATINA

Se fuoco e sangue sono stati gli strumenti usati dai miliardari russi nella loro ascesa, in altri paesi la Borsa, o meglio ancora, gli Stati Uniti, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’orchestrato consenso di Washington hanno rappresentato la forza guida nell’ascesa dei miliardari latinoamericani. I due paesi latinoamericani con la maggior concentrazione di ricchezze e il maggior numero di miliardari sono il Messico e il Brasile (77), ovvero i due paesi che hanno privatizzato i più redditizi ed efficienti monopoli pubblici. Dei 157,2 miliardi di dollari dichiarati dai 38 miliardari latinoamericani, 120,3 miliardi appartengono a 30 Brasiliani e Messicani. Il patrimonio di 38 famiglie e persone supera quello di 250 milioni di Latinoamericani; il reddito dello 0,000001% della popolazione supera quello del più povero 50%. In Messico il reddito dello 0,000001% della popolazione supera il reddito globale di 40 milioni di Messicani. L’ascesa dei miliardari latinoamericani è coincisa con il crollo dei salari minimi garantiti, degli investimenti pubblici per i servizi sociali e della legislazione sindacale e con l’aumento della repressione statale che ha indebolito le organizzazioni sindacali e contadine e la contrattazione collettiva. L’applicazione di imposte regressive gravanti su operai e agricoltori e l’esenzione dalle tasse e sovvenzioni a favore degli esportatori di prodotti agro-minerali hanno contribuito alla creazione dei miliardari. Le conseguenze sono state: calo della mobilità per gli impiegati pubblici e gli operai, dislocamento del lavoro urbano, bancarotta massiccia per piccoli allevatori e agricoltori, spostamento dalle campagne ai quartieri poveri urbani ed emigrazione all’estero.

La causa principale della povertà in America Latina è data da quelle stesse condizioni che hanno facilitato l’ascesa dei miliardari. Nel caso del Messico la privatizzazione del settore delle telecomunicazioni a prezzi stracciati che ha quadruplicato il patrimonio di Carlos Slim Helu, il terzo uomo più ricco del mondo (subito dopo Bill Gates e Warren Buffet) con un patrimonio netto di 49 miliardi di dollari. Due amici miliardari messicani, Alfredo Harp Helu e Roberto Hernandez Ramirez hanno tratto beneficio dalla privatizzazione delle banche e dalla loro conseguente snazionalizzazione vendendo la Banamex a Citicorp. Privatizzazione, deregolamentazione e snazionalizzazione sono stati i principi guida chiave delle politiche economiche estere statunitensi applicate in America Latina da parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Questi principi hanno dettato le condizioni fondamentali che hanno dato forma ad ogni prestito o ritrattazione del debito in America Latina.

I nascenti miliardari provengono dal denaro vecchio e nuovo. Alcuni hanno iniziato ad incrementare il loro capitale assicurandosi contratti con il governo durante la fase iniziale del modello di sviluppo guidato dallo stato (dal 1930 al 1970), mentre altri il patrimonio lo hanno ereditato.

Metà dei miliardari messicani ha ereditato l’iniziale patrimonio multimiliardario nel corso del cammino verso la vetta. L’altra metà ha tratto beneficio da legami politici e dalle conseguenti grosse bustarelle, acquistando imprese pubbliche a prezzi stracciati per poi rivenderle a multinazionali statunitensi ottenendo ingenti profitti. La maggior parte dei 12 milioni di immigranti messicani che ha attraversato il confine con gli Stati Uniti è fuggita da condizioni gravose che hanno permesso ai nuovi e vecchi ricconi messicani di unirsi al club dei miliardari mondiali.

Il Brasile vanta il maggior numero di miliardari (20) rispetto a tutti i paesi dell’America Latina con un reddito netto di 46,20 miliardi di dollari che supera di gran lunga quello di 80 milioni di Brasiliani depauperati e delle città e delle campagne. Circa il 40% dei miliardari brasiliani ha esordito con grosse fortune e le ha semplicemente allargate attraverso acquisizioni e fusioni. I cosiddetti miliardari che si sono fatti da sé hanno tratto profitto dalla privatizzazione del rimunerativo settore finanziario ( la famiglia Safra con 8,9 miliardi di dollari) e dai complessi di ferro e acciaio.


[Carlos Slim Helu e Suleiman Kerimov, insieme a Bill Gates (accanto al tittolo) sono tra gli uomini più ricchi al mondo. O, meglio, tra quelli che più si sono appropriati di beni pubblici]

COME DIVENTARE UN MILIARDARIO

Come alcuni ben sanno, le abilità tecniche ed imprenditoriali, così come una certa conoscenza del mercato, hanno giocato un ruolo di secondo piano nella formazione dei miliardari e in Russia e in America Latina, ben più importante è stato l’intreccio di politica ed economia che ha caratterizzato ogni fase del loro arricchimento.

Nella maggior parte dei casi le fasi sono state tre:

1) Nella fase iniziale del modello di sviluppo statale, gli attuali miliardari hanno corrotto ed esercitato pressioni su funzionari statali allo scopo di ottenere contratti con il governo, esenzioni dalle tasse, sussidi e protezione dai concorrenti stranieri. Le sovvenzioni statali hanno rappresentato la testa di ponte o il punto di decollo per lo status del miliardario nella seguente fase neo-liberista.

2) La fase neo-liberista ha dato la straordinaria opportunità di impadronirsi di risorse pubbliche rimunerative ad un prezzo ben al di sotto del loro reale valore di mercato e di acquisire una certa capacità produttiva. La privatizzazione, sebbene descritta come “una serie di transazioni di mercato”, in realtà è stata una svendita politica per quattro motivi: per il prezzo, per la scelta degli acquirenti, per le mazzette date ai venditori e per il sostegno a un programma ideologico. L’accumulo di ricchezze è derivato dalla svendita di banche, minerali, risorse energetiche, telecomunicazioni, centrali elettriche e trasporti e dall’assorbimento da parte dello stato del debito privato. Questo è stato il punto di decollo dalla condizione di milionari per arrivare a quella di miliardari. In America Latina ciò si è ottenuto attraverso la corruzione, in Russia attraverso assassinii e lotte tra gang.

3) Nel corso della terza fase (quella attuale) i miliardari hanno consolidato ed espanso i loro imperi attraverso fusioni, acquisizioni, ulteriori privatizzazioni ed espansioni all’estero. Il monopolio privato della telefonia mobile, delle telecomunicazioni e di altri servizi pubblici, insieme a prezzi vantaggiosamente convenienti, ha permesso di sommare miliardi alle concentrazioni di denaro iniziali. Alcuni milionari sono diventati miliardari vendendo remunerative imprese private, appena acquisite, a capitale straniero.

Sia in Russia che in America Latina, i miliardari hanno arraffato beni pubblici sotto l’egida di governi ortodossi neo-liberisti (i governi Salinas-Zedillo in Messico, Collor-Cardoso in Brasile e Yeltsin in Russia), li hanno consolidati ed incrementati sotto il controllo di supposti regimi riformisti (quello Putin in Russia, Lula in Brasile e Fox in Messico). Nel resto dell’America Latina (Cile, Colombia e Argentina) la nascita dei miliardari è risultata da sanguinosi regimi e colpi di stato militari che hanno annientato i movimenti socio-politici e dato avvio al processo di privatizzazione. Allora tale processo venne ancor più energicamente promosso dai successivi governi elettorali di destra e “centro-sinistra”.

Ciò che ripetutamente si può riscontrare e in Russia e in America Latina è che il fattore chiave che ha portato al salto gigantesco dalla condizione di milionari a quella di miliardari è stato la vasta privatizzazione e la conseguente snazionalizzazione di imprese pubbliche remunerative.

Se sommiamo insieme la concentrazione di 157 miliardi di dollari nelle mani di un’elite circoscritta, i 990 miliardi di dollari ottenuti dalle banche straniere attraverso i pagamenti di debiti e i 100 miliardi di dollari ottenuti tramite profitti, rendite fondiarie e riciclaggio di denaro sporco nel corso degli ultimi 15 anni, avremo uno strumento adeguato per comprendere perché l’America Latina continua ad avere 2/3 della popolazione con un livello di vita inadeguato ed un’economia in ristagno.

La responsabilità degli Stati Uniti nella crescita dei miliardari latinoamericani e della povertà della massa è ben maggiore e comprende una vasta gamma di istituzioni politiche, elite d’affari e magnati accademici e mediatici. Innanzitutto gli Stati Uniti hanno appoggiato quei dittatori militari e quei politici neo-liberisti che hanno avviato i modelli di economia di orientamento miliardario. Tra questi l’ex presidente Clinton, la CIA con i suoi consiglieri di economia in combutta con gli oligarchi russi che hanno fornito l’intelligence politica e materiale di supporto per portare Yeltsin al potere e sostenere la sua distruzione del parlamento russo (Duma) nel 1993 e le elezioni truccate del 1996. E ancora Washington che ha permesso che centinaia di miliardi di dollari venissero riciclati nelle banche americane nel corso degli anni ’90, come rivelato dalla sotto-commissione del congresso sulle attività bancarie nel 1998.

Sono stati Nixon, Kissinger e più tardi Carter e Brzezinski, Reagan, Bush, Clinton e la Albright a dare appoggio alle privatizzazioni spinti dai dittatori militari latinoamericani e dai reazionari civili negli anni ‘70, ’80 e ’90. Gli ordini da loro impartiti ai rappresentanti statunitensi presso il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale erano scritti a caratteri cubitali: privatizzare, liberalizzare e snazionalizzare ["Privatize, de-regulate and de-nationalize", PDD n.d.r.] prima che tutti i finanziamenti venissero negoziati.

Sono stati gli accademici e ideologi statunitensi, in combutta con le cosiddette agenzie multilaterali e limitati consulenti di economia, a dirigere, creare e propagandare il programma PDD tra gli studenti della Ivy League diventati poi economisti, e ancora i ministri della finanza e i funzionari della banca centrale in America Latina e in Russia.

Sono state le banche e le corporazioni multinazionali statunitensi ed europee a rilevare o a dare inizio a imprese collettive con gli emergenti miliardari latinoamericani e a raccogliere i 100 miliardi di dollari ricavati dai debiti contratti dai corrotti regimi militari e civili. I miliardari non sono altro che un prodotto e/o un sottoprodotto dell’antinazionalismo statunitense e delle politiche anti-comuniste, ma sono anche un prodotto dell’imponente furto da loro stessi commesso ai danni delle pubbliche imprese.

CONCLUSIONI

Date le enormi disparità di classe e reddito in Russia, America Latina e Cina (20 miliardari cinesi in meno di dieci anni hanno accumulato un patrimonio netto di 29,4 miliardi di dollari), è più preciso descrivere questi paesi come “impetuosi miliardari” piuttosto che “mercati emergenti” poiché in essi non è il libero mercato a dettar legge in politica bensì il potere politico dei miliardari.

Questi paesi generano povertà e condizioni di vita precarie. Il successo dei miliardari rappresenta la disfatta della società civile, l’indebolimento della solidarietà sociale, della legislazione di difesa sociale, del sistema pensionistico, delle ferie, dei programmi di sanità pubblica ed educazione. Finché la politica riveste un ruolo centrale, le etichette politiche del passato non hanno più alcun significato. L’ex-presidente brasiliano Cardoso (ex –marxista) e il presidente Da Silva (ex leader sindacale) hanno privatizzato imprese pubbliche e promosso politiche che hanno generato miliardari. L’ex-comunista Putin si è tenuto buono certi oligarchi miliardari e ha offerto incentivi ad altri per darsi da fare e investire.

Il periodo in cui si è registrato il calo più grosso negli standard di vita in America Latina e in Russia coincide con lo smantellamento del sistema economico nazional-populista e comunista. Tra il 1980 e il 2004 in America Latina e più precisamente in Brasile, Argentina e Messico, la crescita pro capite è rimasta ferma tra lo 0 e l’1%. In Russia il prodotto interno lordo è calato del 50% tra il 1990 e il 1996 e gli standard di vita sono crollati dell’80%, eccezion fatta per i predatori e i loro entourage mafiosi.

La crescita attuale (2003-2007), laddove si verifica, ha a che vedere con la straordinaria impennata dei prezzi internazionali di risorse energetiche, metalli ed esportazioni agricole più che con eventuali sviluppi positivi derivanti dai sistemi economici dominati dai miliardari. Come dichiarato dagli editorialisti del Forbes Magazine, la crescita dei miliardari difficilmente viene vista come il segno di un “benessere generale” derivante dal “libero mercato”. Infatti è il prodotto dell’illecita confisca di rimunerative risorse pubbliche, costruite attraverso il lavoro e la lotta di milioni di lavoratori, in Russia e in Cina durante il Comunismo e in America Latina durante i governi populisti-nazionalisti e social-democratici. Molti miliardari hanno ereditato le loro fortune e hanno utilizzato i loro legami politici per espandere e rafforzare i loro imperi, il che ha poco a che vedere con l’abilità imprenditoriale.

La rabbia e l’ostilità mostrata dai miliardari e dalla Casa Bianca nei confronti del Presidente venezuelano Hugo Chavez sono date dal fatto che egli sta rovesciando quelle politiche che hanno creato i miliardari da una parte e la povertà di massa dall’altra. Sta nazionalizzando di nuovo le risorse energetiche, i servizi pubblici ed espropriando alcune grandi proprietà terriere. Chavez non sta lottando solamente contro l’egemonia statunitense in America Latina ma contro l’intero edificio del PDD che ha costruito gli imperi economici dei miliardari in America latina, Russia, Cina e altrove.

Le informazioni principali di questo saggio sono tratte dall’articolo del Forbes Magazine “La classifica degli uomini più ricchi del mondo” pubblicato l’8 marzo 2007.

L’ultimo libro di James Petras è “Il potere di Israele sugli Stati Uniti”. (Clarity ,2006, terza ristampa). I suoi saggi in inglese si possono trovare al www.petras.lahaine.org, quelli in spagnolo al www.rebellion.org.


Fonte: http://petras.lahaine.org/
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23.03.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELISA MASIERO